Formazione in Italia: passato, presente e l’occasione mancata
Da dove siamo partiti
La formazione è da tempo parte integrante del panorama aziendale italiano, soprattutto per le imprese di dimensioni maggiori. Secondo i dati ISTAT, nel 2020 il 68,9% delle aziende con almeno 10 dipendenti ha offerto qualche forma di formazione professionale, percentuale che sale oltre il 90% per le realtà più grandi.¹ Gran parte di questa attività è stata sostenuta da incentivi pubblici. I Fondi Interprofessionali e il Fondo Nuove Competenze (FNC) sono diventati pilastri centrali del sistema, rimborsando sia i costi dei corsi sia, in alcuni casi, le ore di stipendio dei lavoratori in formazione.
Solo nel 2023, il sistema dei Fondi ha gestito circa 1 miliardo di euro, coinvolgendo più di 50.000 imprese e 2 milioni di lavoratori. Una portata enorme.
Ma se si guarda che tipo di formazione viene erogata, si tratta per lo più di attività di tipo professionale, linguistico e normativo. Le competenze tangibili e misurabili hanno la priorità: procedure di sicurezza, certificazioni, aggiornamenti tecnici.
Dove siamo ora
Tra il 2023 e il 2024 la partecipazione all’apprendimento è cresciuta leggermente. Circa l’11,6% degli adulti italiani ha preso parte a corsi di formazione nel 2023. Un progresso, ma ancora basso rispetto alla media europea. I meccanismi di finanziamento restano solidi: l’FNC è stato rinnovato per il 2024–2025, con oltre 1 miliardo di euro stanziati per il rimborso delle ore di formazione.
Parallelamente, cresce l’interesse verso le soft skills. Report di LinkedIn Learning e ricerche di mercato italiane evidenziano una domanda crescente in aree come comunicazione, leadership e collaborazione. Una svolta positiva — ma non ci si può fermare qui.
Dove stiamo andando
Il mercato si muove verso il blended learning, una maggiore attenzione alla misurazione e percorsi supportati dall’IA. Le aziende vogliono dimostrare il ROI degli investimenti in formazione, non solo spuntare caselle. Le soft skills resteranno centrali, ma il rischio è che rimangano impacchettate in silos: un corso di presentazione qui, un workshop di negoziazione là, un modulo linguistico altrove. Ed è questa l’occasione mancata.
La vera occasione mancata
La comunicazione reale non è mai a compartimenti stagni. Non è “solo” una presentazione, o “solo” una negoziazione, o “solo” una lingua. È tutto questo, intrecciato insieme. Ed è l’empatia a tenere insieme l’intreccio.
Prendiamo il presentare in inglese come esempio. Non si tratta soltanto di grammatica o vocabolario. In un’unica presentazione, si devono gestire:
L’estetica e il design delle slide
Il linguaggio del corpo e la postura
La chiarezza del discorso (ritmo, intonazione, articolazione)
La scelta delle parole e la semantica
La struttura e il flusso dei contenuti
La personalità — l’impressione che trasmetti come essere umano
L’empatia — leggere il pubblico e adattarsi in tempo reale
Quando le aziende formano queste competenze separatamente, sotto pressione non si trasferiscono. Le persone possono conoscere “le tecniche”, ma in una riunione con un cliente o su un palco, tutto crolla se empatia e personalità non sono integrate.
Come si riconosce una buona formazione
La soluzione non è aumentare le ore, ma progettare in modo più intelligente.
Integrare lo stack: Unire lingua, delivery, personalità e ascolto in un unico percorso formativo.
Mettere al centro l’empatia: Rendere la consapevolezza del pubblico e l’ascolto la base, non un’aggiunta finale.
Usare i fondi in modo strategico: Orientare i piani finanziati (FNC, Fondi Interprofessionali) verso obiettivi trasversali (ad esempio “fluency nelle riunioni con clienti” o “negoziare tra culture”) invece di accumulare ore in silos isolati.
Misurare i risultati, non la frequenza: Valutare i miglioramenti nelle riunioni dal vivo, nella soddisfazione dei clienti o nelle presentazioni interne, non solo i certificati ottenuti.
Quando empatia e personalità sono al centro, le tecniche smettono di essere statiche. Diventano strumenti vivi, adattabili a contesti, settori e situazioni diverse. Questa è la vera opportunità che le aziende italiane possono cogliere nel 2025 e oltre.